Due gli appuntamenti del Gruppo di Lettura “Parole in Giardino” a marzo per parlare e condividere la lettura del libro “Io sono con te – Storia di Brigitte” di Melania Mazzucco. Durante gli incontri tenuti su Gmeet le numerose lettrici hanno condiviso punti di vista, emozioni, brani, informazioni.
Riportiamo di seguito gli appunti di discussione e di approfondimento di Daniela C. e di Gabriella D.G., preziosi per chi ha partecipato e per chi non ha potuto partecipare, per chi ha letto il libro e per chi non ha potuto leggerlo.
Melania Mazzucco racconta la storia vera di Brigitte , una delle tante persone disperate che arrivano nel nostro paese fuggendo da un calvario che le porterebbe a morte sicura.
La donna si confonde tra i disgraziati che si aggirano e bivaccano nella stazione Termini di Roma come fantasmi , tra la gente che corre per i suoi affari, finche’ un “angelo “ la vede, le dà conforto e la indirizza in un percorso che le restituirà, con molta fatica, la dignità di donna.
Disperazione. Il dramma di Brigitte – 38 anni, vedova e madre di quattro figli, congolese, infermiera e padrona di due cliniche a Matadi – è iniziato nel suo paese, dove i diritti umani, la democrazia ed altri valori fondamentali, scontati nel mondo occidentale, la’ non lo sono ( e noi lo sappiamo bene per l’assassinio dell’ambasciatore in Congo Attanasio, del carabiniere di scorta e dell’autista avvenuto un anno fa). Dopo essere stata strappata alla sua quotidianità e affetti ed essere sopravvissuta a torture di ogni genere, si ritrova sola e senza mezzi in una città che non conosce e il cui riferimento noto è la “M” di Mac donald’s (pag 12). Il suo scoramento diventa con il passare delle ore e dei giorni una vera e propria disgregazione: si abitua a dormire per terra, a vagabondare, a cercare cibo nella spazzatura, a non lavarsi, a bere le ultime gocce dalle lattine di birra buttate sui binari (pag 14, 15 e 16). La Mazzucco riferisce che alla stazione Termini passano 10.000 persone al giorno (pag.16), eppure nessuno si accosta a Brigitte, tranne un vigile che la invita a circolare, un viaggiatore che le mette in mano un panino (pag. 17) e il prete che la salva (pag. 18, 19 e 20).
Brigitte. La storia, raccontata dall’Autrice sulla base delle conversazioni con la nostra protagonista, ci mostra i dettagli di un dramma che noi ignoreremmo dietro quegli stracci e quel sudiciume e ci regala una conoscenza profonda delle sensazioni di una donna annientata “ho perduto tutto, non posso più vivere” (pag 34).
Nel periodo trascorso prigioniera dei feroci militari congolesi (circa due mesi , alla fine del 2012) Brigitte vive una situazione così cruda e dolorosa da sembrare irreale. “ Mi prendono a calci, a pugni, mi frustano, mi spengono sigarette sulle mani, mi strappano le unghie, mi fanno colare la cera di una candela sulla fronte, mi lacerano i collant, mi strappano le mutandine, …mangio bucce di banana, non parlo , non dormo, bevo dal barattolo la mia urina… non ho lacrime da piangere, mi pestano, mi lacerano ,mi sfondano …non so più chi sono” . Sono pagine molto forti (101- 105) difficili da commentare.
Dopo tali vicissitudini , colpisce la sua religiosità, la continua esclamazione “buon Dio “ oppure “Dieu le veut” (che è anche il nome di una delle sue cliniche). Una notte a Termini , dopo lo sconforto per aver subito un’aggressione da parte di cinque zingari, sorprende la sua certezza di avere vicino Dio che non la lascia sola , che le dice di non avere paura , come nel versetto della Bibbia del profeta Isaia (41.10) che si va ripetendo: “Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia”(pag 35).
Fa sorridere il timore che avverte vedendo la maggior parte delle donne con la pelle chiara , (pag 16) anche perché è cresciuta convinta che le donne bianche sono cattive (pag 56) . È inoltre sbalordita nel constatare che in Italia (dove d’estate tutti i bianchi vanno in vacanza pag191) nelle famiglie dei bianchi, dove ci sono più cani che figli (pag 90), la coppia non ha rispetto per l’unita’ della famiglia, separandosi facilmente anche se ci sono dei figli (pag 175). Lei invece, pur essendosi sposata senza amore (pag 174) ha mantenuto intatto il suo ruolo di moglie e madre nella convinzione, come le hanno detto, che la parola amore è la sigla di “ A come amitie’ , M come mentalite ‘, O come organisation, U come union, R come reconfort” (pag 175).
Sorprende il suo istinto arcaico nell’ esprimere forti dubbi sulle capacità delle donne che la sostengono nel percorso di recupero (Francesca, Maria, Letizia) e nell ‘ osservare che “ le donne bianche sono dappertutto” (pag80) , inizialmente vorrebbe essere seguita solo da uomini ( Filippo , Martino , Camillo ) anche se “ gli uomini sono stati i suoi aguzzini”.
Un aspetto toccante è la ferita subita come madre: l’angoscia di aver perduto i figli (pag 71), la ricerca affannata degli stessi “se sono morti la sua vita non ha più significato“ (pag 92), la difficoltà a farsi riconoscere da loro al telefono come madre “chi sei? Non puoi essere nostra madre! Nessuno parla di te come se fossi viva” (pag 156 e pag 241) fino al faticoso ricongiungimento dei due maschi. Bene ha fatto l’Autrice a dedicare il libro ai figli di Brigitte “perché sappiano chi è stata e chi potrà essere la loro temeraria, fragile e infranta e però indistruttibile madre”(pag 253).
Centro Astalli. Mi sento di affermare che il centro Astalli è il secondo protagonista, non dichiarato, della storia. Frere Antoine, l’unica persona che tira fuori Brigitte dalla palude di Termini, è un gesuita del centro Astalli JRS (Servizio gesuiti per i rifugiati), un’organizzazione di volontariato, molto strutturata, finalizzata a “servire accompagnare e difendere i rifugiati”. Questa missione è nel solco dell’art. 10 della nostra Costituzione che ( come sapientemente riportato dall’Autrice in testa al capitolo 10, pag120) recita: “lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto di asilo nel territorio della repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Grande merito alla Mazzucco per aver raccontato l’odissea di Brigitte insieme allo svolgersi del riconoscimento di rifugiata, descrivendo con cura tutte le fasi della procedura: dallo sportello della prima accoglienza (con l’assicurazione di docce e pasti), dove avviene un primo filtro basato sull’esperienza degli operatori sulle reali condizioni dei richiedenti, alla ricerca di un provvisorio ricovero, agli accertamenti sanitari, compresi quelli psicologici e psichiatrici, alle attività amministrative presso la questura (foto segnaletiche, impronte digitali), fino all’audizione presso la commissione territoriale dove il caso Brigitte viene definito all’unanimità dai quattro componenti con il riconoscimento di rifugiata (pag 132).
La procedura descritta non è molto nota, nel nostro paese tante persone considerano la concessione del diritto di asilo una regalia, ma non è così. Infatti consultando i dati ISMU (Iniziative e Studi sulla multietnicita’) risulta che nel 2019 su 93.000 richieste di asilo- del 2019 e anni precedenti inevase- hanno avuto esito positivo solo il 34% , circa 32.000, con il 65% delle domande di asilo respinte. In Italia (dato 2020) vivono 208.000soggetti con lo status di rifugiato che rappresentano il 3,4 per mille abitanti (Francia 6,1 per mille, Grecia 6,4 per mille, Germania 13,8 per mille, Malta 18,1 per mille……)
Fa un po’ male osservare che c’è una trascuratezza sull’argomento anche da parte dei media, argomento che invece dovrebbero occuparsi di spiegare. Così come si trascura cosa pensano e che prospettive di presentano per gli immigrati … i telegiornali mostrano i loro drammatici viaggi, quando annegano, quando sbarcano, ma nulla di più (pag 200). Comunque come Brigitte afferma alla Mazzucco “ uno scrittore è molto utile, uno scrittore non muore mai” (pag 251).
Anche l’iniziativa “la scrittura non va in esilio” (pag 176), concorso tra studenti delle superiori per premiare i migliori racconti su storie di rifugiati (iniziativa promossa dal Centro Astalli e coltivata dall’istituto Massimo di Roma dove attualmente è rettore Padre Giovanni La Manna, più volte citato nel libro in quanto direttore del C.A. fino a ottobre 2014) va in direzione di una migliore conoscenza del problema.
Certo, le difficoltà che incontra la rifugiata Brigitte nel trovare un alloggio e un lavoro per continuare a vivere, evidenziano quanto non bastino l’accoglienza , l’assistenza e il riconoscimento e quanto sia necessario un continuo accompagnamento e un’integrazione. I rifugiati, nel ricostruirsi un’esistenza, non hanno legami affettivi o di amicizia nel nostro paese che possano sostenerli economicamente , e spesso si ritrovano a vivere le stesse incertezze e disagi di molti cittadini italiani non abbienti (pag. 194).
Melania Mazzucco. L’Autrice, in una breve parentesi della storia di Brigitte, nel capitolo 16 (pag 187) , si confessa, raccontando di sue delusioni umane e professionali e mettendoci di fronte a una sofferenza molto diversa da quella di Brigitte, ma abbastanza dura da sopportare ed elaborare. La Mazzucco da poco tempo ha subito un ingiusto ostracismo dopo la pubblicazione del libro Sei come sei , pubblicato nel 2013, che tratta di una famiglia diversa dal solito, in particolare di una figlia di due padri. Racconta di esserne distrutta “nel corpo e nella mente” , che tutto le è andato in frantumi perché “la politica non uccide …sa comunque distruggere” (pag 192). Non vuole fare paragoni con Brigitte “ le nostre catastrofi non si somigliano” ma si dichiara pronta a riconoscersi in lei (pag 193).
Il titolo del libro “Io sono con te” sembra riferirsi non solo al versetto del profeta Isaia, ma anche alla completa immedesimazione del dolore di Melania in quello di Brigitte.
Una breve e finale osservazione sulla struttura del racconto che procede per tappe di avvenimenti con continui rimandi al passato, facendo scoprire la storia un po’ per volta. È uno stile che si osserva anche in altri romanzi della Mazzucco che è molto capace nell’ andirivieni della storia mentre il lettore la ricostruisce gradualmente, proprio come ha fatto lei nell’apprendere le vicende da Brigitte: “sono davanti ad un puzzle infranto che intendo ricostruire un tassello alla volta” (pag 229). Daniela C.
Tra i tanti percorsi che il libro di Melania Mazzucco “Io sono con te” spinge il lettore a fare e che sono emersi durante questo incontro, ce n’è uno di tipo conoscitivo. Sin dalle prime pagine si avverte il bisogno di avvicinarsi al mondo da cui Brigitte, la protagonista, proviene, alla storia dentro la quale la sua storia è calata, ai luoghi dove è vissuta.
“A Matadi le stagioni non sono come le vostre, e non esiste l’autunno” (pag 36), “Nel porto di Matadi affluiscono le merci e le materie prime che il Congo esporta nel mondo intero…il coltan, l’uranio, i diamanti, il rame… (pag 42).
Matadi, la città da cui Brigitte proviene, dove si trova? Vai a cercarla su una cartina geo-politica del Congo o meglio della Repubblica democratica del Congo, e ti soffermi ad osservare questo Stato grande la metà dell’Unione europea, incastonato nel cuore dell’Africa nera. Qualche pagina più avanti Brigitte parla della guerra mondiale africana e ti vergogni di ricordarne ben poco:
“Ci sono sempre stati tumulti e ribellioni nel mio paese, da che ho memoria. Nessuno si è mai sentito al sicuro. Scontri, esplosioni di violenze efferate, sangue… Poi è venuta la guerra vera…era finita la prima, nell’agosto del 1998 era iniziata la seconda. Voi la chiamate la grande guerra africana, la guerra mondiale africana – se si fosse combattuta in Europa, ne avreste saputo qualcosa. Sapete della Bosnia e dell’Iraq, niente di noi”.
E’ vero, non sappiamo niente e ti metti a cercare su Internet per capire qualcosa di quell’immane conflitto che ha coinvolto 8 paesi e causato più di 5 milioni di morti, per non parlare dei profughi.
Persino sul fiume Congo, le cui reminiscenze risalgono alla lettura di Cuore di tenebra, vale la pena rispolverare le nostre conoscenze geografiche. E’ un fiume enorme, largo fino a 16 chilometri con un estuario di 160 chilometri ed una profondità, fino a 250 m. , che lo rende il fiume più profondo del mondo. Prima di Matadi ha ben 32 cateratte in canyon stretti e scavati (le famose cascate Livingstone). Vai a cercare le immagini e rileggi sotto un’altra luce la scena in cu Brigitte cade nel fiume ed è salvata dal fratello, che le dona la sua seconda vita.
“Era la stagione delle piogge, ed i temporali avevano gonfiato il fiume fino a renderlo tumultuoso, immenso. Il fango ed i sedimenti tingevano l’acqua di marrone cupo, quasi nero… Non so come mi sono ritrovata in acqua. La corrente mi ha afferrata per le caviglie, ho perso il contatto con il fondo e in un istante mi ha trascinata via… Dio però ha avvisato Cyprien. Aveva dodici anni… Non ci ha pensato un attimo, e si è tuffato nel fiume… L’acqua era torbida, la visibilità nulla. Lui però si è immerso…Quando ho ripreso conoscenza i medici mi hanno detto: se non era per il ragazzino, tuo fratello, Cyprien, tu eri già morta” (pag 41).
L’accusa di Brigitte di non sapere niente di loro è vera, noi conosciamo molto poco il mondo africano, da cui pure arrivano, quasi quotidianamente sulle nostre coste migliaia di persone, ognuna con la sua storia. Il motivo per cui siamo spesso diffidenti, se non addirittura ostili, nei confronti degli immigrati è legato alle nostre paure, alla nostra ignoranza.
Ecco perché mi sembra fondamentale l’altro percorso del libro, quello del viaggio: il viaggio di Brigitte per arrivare da noi, il suo viaggio tra i derelitti ed i passanti di ogni genere della stazione Termini di Roma, il suo viaggio verso le persone del Centro Astalli che vogliono aiutarla e che non è facile per lei comprendere, quello verso Melania a cui deve aprirsi per raccontare la sua storia. Poi c’è il viaggio contrario: quello di Melania e delle altre persone che Brigitte incontra verso di lei ed il suo mondo.
“Inizialmente ci studiamo. Non so niente di lei, in fondo. Brigitte non sa niente di me. Il nostro viaggio sarà molto lungo” (pag. 229).
Ed infine c’è il nostro personale viaggio di lettori, quello che ci spinge a scoprire le nostre carte, ad interrogarci e guardarci dentro, a capire cosa davvero siamo disposti a fare per avvicinarci a chi è diverso da noi per cultura, lingua, provenienza, storia. Gabriella DG