“Quaderno proibito” di Alba De Céspedes è stato il libro oggetto di confronto durante l’incontro del Gruppo di lettura “Parole in Giardino” del 13 luglio 2022, svolto presso la Biblioteca Diocesana Carlo Maria Martini a Pescara e del Club del libro “Su in collina e…. della crostata al bicarbonato” svolto presso il parco di Colle Renazzo a Pescara il 28 luglio 2022.
In entrambi gli incontri si sono registrati una partecipazione vivace, un coinvolgente dibattito e un confronto molto sentito tra i lettori che hanno per la maggior parte sottolineato la modernità delle tematiche.
Pubblicato a puntate tra il 1950 e il 1951, e un anno dopo in volume, Quaderno proibito, è considerato il capolavoro di Alba De Céspedes. Il romanzo è del 1952 ed è il terzo della De Céspedes, dopo due grandi successi “Nessuno torna indietro” del 1939 e “Dalla parte di lei” di dieci anni dopo.
A Marzo 2022 è stato ristampato dalla Mondadori nella edizione Oscar Moderni con la prefazione di Nadia Terranova.
Il romanzo rappresenta la testimonianza storica di un’epoca, capace di svelare l’identità, frammentata e mutevole, dell’essere umano.
INCIPIT
26 novembre 1950
Ho fatto male a comperare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarmene, il danno è fatto. Non so neppure che cosa m’abbia spinto ad acquistarlo, è stato un caso. Io non ho mai pensato di tenere un diario, anche perché un diario deve rimanere segreto e, perciò, bisognerebbe nasconderlo a Michele e ai ragazzi. Non mi piace tenere qualcosa nascosto; del resto, in casa nostra c’è tanto poco spazio che sarebbe impossibile riuscirvi. È andata così: quindici giorni fa, era domenica, uscii di casa piuttosto presto al mattino. Andavo a comperare le sigarette per Michele, volevo che, svegliandosi, le trovasse sul comodino: la domenica dorme sempre fino a tardi. Era una giornata bellissima, calda, nonostante l’autunno inoltrato. Provavo un’allegria infantile nel camminare per le strade, dalla parte del sole, e vedere gli alberi ancora verdi e le persone contente come sembrano sempre nei giorni festivi. Sicché decisi di fare una breve passeggiata, spingermi fino alla tabaccheria ch’è nella piazza. Lungo il cammino vidi che molti si fermavano presso la bancarella della fioraia e mi fermai anch’io, comperai un mazzo di calèndole. «Ci vogliono un po’ di fiori sulla tavola, la domenica» mi disse la fioraia: «gli uomini ci fanno caso.» Io sorrisi, annuendo: ma, in verità, comperando quei fiori non pensavo a Michele né a Riccardo, che pure li apprezza molto: li comperavo per me, per tenerli in mano mentre camminavo. Dal tabaccaio c’era molta gente. Nell’aspettare il mio turno, col danaro già pronto, vidi una pila di quaderni nella vetrina. Erano quaderni neri, lucidi, spessi, di quelli che usano a scuola e sui quali – prima ancora d’incominciarli – scrivevo subito, in prima pagina, con trasporto, il mio nome: Valeria. «Mi dia anche un quaderno» dissi frugando nella borsa per trovare altro danaro. Ma, quando rialzai gli occhi, vidi che il tabaccaio aveva assunto un’espressione severa per dirmi: «Non si può, è proibito». Mi spiegò che l’agente stava di guardia sulla porta, ogni domenica, affinché si vendessero tabacchi soltanto, null’altro. Ero rimasta sola nel negozio. «Ne ho bisogno» gli dissi «ne ho bisogno assolutamente.»
Riportiamo di seguito alcuni appunti di discussione e di approfondimento utili per chi ha partecipato e per chi non ha potuto partecipare, per chi ha letto il libro e per chi non ha potuto leggerlo.
Il tema è l’universo femminile visto nell’aspetto interiore, quello più segreto, che si manifesta in questo caso nella scrittura di un quaderno, dove la protagonista , Valeria, descrive in piena sincerità e senza pudori le sue riflessioni sui fatti quotidiani che coinvolgono lei, il marito Michele e i figli Mirella e Riccardo nel periodo che va da novembre 1950 al maggio dell’anno successivo.
È un quadro abbastanza avvilente e mi ha messo tanta tristezza perché Valeria, oltre ad essere succube di oneri domestici e familiari, è dominata da un perenne senso di colpa per il solo fatto di scrivere le sue sensazioni. Attraverso il diario che raccoglie i suoi sfoghi scopre l’aspirazione ad una vita diversa e la possibilità concreta di un nuovo amore che la rigeneri. Anche la figlia Mirella vuole realizzarsi in modo opposto a ciò che le convenzioni dell’epoca impongono (dice alla madre “ se mi vuoi bene come puoi augurarti che io abbia una vita simile alla tua?” – pag 37). Ma mentre la figlia riesce a mettersi in salvo da tradizioni ancestrali e bigotte, Valeria non riesce a fare il salto, è troppo forte il peso delle “sbarre” che la tengono prigioniera in una situazione da lei stessa definita “di piccola borghese che ha più familiarità con il peccato che con il coraggio e con la libertà“ (pag 246).
Resta così nel suo mondo arido e freddo, dove il marito continua a chiamarla mamma’ anziché Valeria -non mostrando più alcun interesse per la sua persona e per i suoi problemi – e il figlio le scarica gli oneri conseguenti alle sue scelte avventate di marito e di padre.
In tutte le sue pagine Quaderno proibito evidenzia quanto dagli anni cinquanta ad oggi sia stato lungo e faticoso il percorso della emancipazione della donna anche in ambito familiare. Superato infatti il primo grande ostacolo del problema del lavoro femminile è restato quello culturale che vede la donna condizionata da comportamenti, tradizioni e mentalità molto radicate per cui la donna è l’angelo del focolare, con la missione esclusiva di fare figli e di accudirli insieme al marito e alla casa. Se sul fronte normativo e in particolare del diritto di famiglia si sono registrati grandi passi avanti, l’idea che la donna possa avere spazi al di fuori di quelli che si ritiene siano i suoi obblighi familiari fa ancora fatica in molti casi ad affermarsi, mentre l’uomo si sente spesso legittimato ad essere al centro di cure ed attenzioni. Oggi la donna che non accetta questo arretrato dogma culturale, in alcuni casi rischia di pagarne le conseguenze: femminicidi e violenze familiari dimostrano tristemente che l’uomo non sempre accetta il ruolo di autonomia che la donna ha conquistato. ( Daniela C.)
Molto interessante il romanzo “Quaderno proibito “ scritto in forma di diario. Una stesura piana senza scossoni o trovate letterarie che esulino dalla continuità dello stile, guida il lettore nella società della prima metà del novecento, cioè nel dopoguerra, mettendo in luce quella che era la famiglia di quel tempo.
Era un momento storico molto importante e, accanto alle abitudini ormai consolidate, nascevano , soprattutto fra i giovani, nuove idee che avrebbero di conseguenza cambiato modi e costumi, da prima nelle famiglie e poi nella società in generale.
Un’epoca di cambiamenti dove tuttavia restavano forti i valori che venivano da un’educazione consolidata e dove erano ben radicati i principi morali che ne derivavano.
L’autrice padroneggia la lingua italiana con grande sicurezza dando alla narrazione uno stile impeccabile e conducendo il lettore al piacere di gustarne la lettura riga dopo riga.
La particolare ricchezza di vocaboli consente alla De Céspedes di addentrarsi nell’animo umano e poi di descriverne perfettamente i moti dando vita a personaggi molto caratterizzati psicologicamente anche nelle loro diversità individuali.
L’eroina del racconto è Valeria a cui tiene testa la figlia Mirella.
Ciascuna rappresenta un indirizzo di questo momento storico: una punta sul cambiamento, l’altra lo teme.
Mi pare di poter dire che è soprattutto dai dialoghi che emergono le differenze di carattere, i pensieri più reconditi dei personaggi, dando vita non solo al racconto, ma mettendo in luce quello che l’autrice vuole dimostrare con la sua narrazione.
Annotazioni di momenti particolari della narrazione pagina per pagina
( Pag 60) Valeria teme che la figlia Mirella conosca troppo “intimamente” il suo corteggiatore (Cantoni) e cerca di indagare e di metterla in guardia su quanto potrebbe accadere.
“ Non appena Mirella fu adolescente io le parlai francamente… Michele mi approvò, disse che una ragazza in tal modo può difendersi…( Pag 61 ) ma mi domandavo se ella avrebbe voluto difendersi. Io le ho parlato tante volte della morale e della religione …
( Pag 61 ) Mirella: “ voi pensate sempre a una cosa soltanto. Quella vi sembra orribile invece non ha poi quella grande importanza .”
Mirella ha vent’ anni e Valeria è indotta a pensare ai suoi vent’ anni e si rende conto che quasi non li ricorda più.
“ A vent’anni c’erano già Michele e i bambini… erano la mia sorte più ancora che la mia vocazione …”
Questi sono momenti della narrazione molto importanti, rivelando quello che la donna del tempo poteva aspettarsi, ma è una confessione che in Valeria può essere attribuita alla stanchezza fisica che può colpire chi lavora in casa e fuori, chi cresce i figli e ad un certo momento si trova anche a discutere con loro e ad avere a che fare con le loro esigenze che vogliono essere soddisfatte e che , magari, sono quelle stesse esigenze che un tempo ha avuto lei stessa e non ha mai potuto soddisfare.
C’é alle spalle un’educazione famigliare e sociale che , anche se un pò mutata nel tempo, è secolare ed ha forgiato nelle donne la forza di continuare ad andare avanti a lottare per il bene di tutta la famiglia pur nelle rinunce.
Non c’é rassegnazione, che farebbe accettare la vita senza discuterne; piuttosto c’è accettazione, ma anche forza che a volte pare venir meno ma che con “ un colpo di reni” si autoalimenta.
( pag 63 ) Valeria: “ avrei bisogno di essere sola qualche volta…non oserei confessarlo a Michele”…..“quando sono sola in casa e tendo ad isolarmi … c’è sempre qualcuno che premurosamente mi domanda…”
Questa è la famiglia: chiede e anche da. C’è l’affetto degli altri , quello dei figli e anche del marito “ distratto” .
Ha anche lui i suoi pensieri i problemi col lavoro e con esigenze che non può soddisfare.
Il guaio era soprattutto che si affrontava il matrimonio in età giovanissima senza alcuna esperienza della vita e delle preoccupazioni che sarebbero derivate dalla vita a due, con pochi soldi e ancor più senza aver potuto godere, almeno un poco, della gioia e della serenità che i vent’anni avrebbero potuto dare.
( pag 74 ) Valeria: “nessuno considera ciò che faccio …Mirella lavora perché le piace farlo io, sono costretta a lavorare “
Oltre al tormento di ciò che teme stia accadendo alla figlia, si manifesta in Valeria anche la delusione per una vita di lavoro che, in fondo, le ha dato anche tante soddisfazioni.
È il momento della crisi psicologica, così, per poter pensare in solitudine, Valeria va in ufficio anche il sabato, quando potrebbe godersi una giornata di riposo, o camminare per smaltire la rabbia che comincia a farsi sentire.
In ufficio, in verità, un senso di benessere la pervade. A casa, quando propone alla figlia di incontrarsi con lei all’uscita dell’ufficio, Mirella difende con ardore la sua libertà di movimento e confessa la passione per il suo lavoro che farebbe anche se non la pagassero. Alla fine mette in luce anche quello che considera un problema della madre: “ tu ti credi obbligata a servire tutti… tu pensi che per una donna trovare soddisfazione fuori di casa sia una colpa…”
Il termine dà inizio a pagine in cui la “colpa” diventa il centro, il fulcro dei pensieri di Valeria perché nella sua crisi esistenziale si insinua un innamoramento.
È come un fascio di luce che illumina i suoi giorni e che , per tutto quello che Valeria ha pensato e costruito nella sua vita, ella non può che considerare meraviglioso e colpevole.
Con Guido si confida più che con i familiari per i quali, in quel periodo , si affacciano altre nuove difficoltà.
Il figlio Riccardo porta a casa la fidanzata Marina, incinta.
Michele, il marito, attende da Chiara, donna in carriera, la risposta per un possibile miglioramento della sua esistenza, ma la risposta tarda.
Per di più la lettura delle lettere scambiate col marito al fronte, dimostrano a Valeria un cambiamento avvenuto negli anni nelle attenzioni che l’uno aveva per l’altra e tutto ciò sconvolge l’animo già provato di Valeria .
(Pag 166)Valeria: “ Le lettere di Michele sono sempre vive seppure indirizzate ad una donna che non mi somiglia “ .
Tuttavia Valeria appare sempre più una donna che affronta la vita con coraggio e tenacia. Nel rapporto con Guido, Valeria trova grande serenità ma questo innamoramento rimane sempre un rapporto di grande rispetto e amicizia.
( pag 168) Anche Michele è cambiato, infatti ora afferma che bisogna accettare il tormento di una coscienza nuova e cercandola, crearla.
Quando Valeria torna sui suoi timori per il comportamento della figlia ( che nel tempo è l’ unica a mantenersi a galla con grandi soddisfazioni dal suo lavoro) è proprio lei, Mirella, a dirle che non dovrà sempre obbedirle e che ciò che fa riguarda solo lei.
Non le interessa la morale di cui parla la madre e che è impregnata di religiosità. Afferma chiaramente che tutto ciò che riguarda la coscienza di una persona non può essere seguito per imitazione ma solo per convinzione.
( pag 173 ) È un’affermazione importante e conduce l’autrice ad affrontare anche il discorso del divorzio, in un colloquio di Valeria con Cantoni.
Questi non può che apparire come un uomo leale ed integerrimo capace di capire anche gli stati d’animo di Valeria ( pag 182 )
Cantoni : “ forse lei capisce ed ha paura di confessarlo” .
Questo colloquio mette in evidenza l’aspetto più profondo della personalità di Valeria.
Queste sono pagine bellissime che danno speranza di risoluzione a tanti problemi che nel tempo hanno trovato forma e norme per sopperire a molte situazioni difficili.
L’autrice non nomina mai la religione cattolica, ma il suo pensiero tocca in profondo le coscienze mettendo a fuoco tanti problemi legati all’aderenza totale delle coscienze cattoliche ai dettami della fede imposti dalla Chiesa. L’idea della “colpa” inficia anche la sua amicizia con Guido e Valeria finisce con l’allontanarsi da lui. In questo caso proprio per obbedire al senso di lealtà verso gli affetti famigliari e ad un senso di sincerità verso se stessa: non vuole nascondersi.
Qui è rinunciataria ma ancora combattente perché ora dovrà combattere anche contro se stessa, ma sui piatti della bilancia ha posto la tranquillità della sua famiglia e il suo non volersi nascondere.
Le pagine che chiudono il romanzo, a mio avviso, sono meravigliose.Oggi molte donne con famiglia e figli non rinuncerebbero alla loro felicità per obbedire a un’etica del matrimonio che non accetterebbero più. I tempi sono molto cambiati. (Federica Z.)